Carmen Samari è volata via il 2 gennaio 2010 all'età di 87 anni e le poche righe che seguono sono state lette durante la cerimonia di sepoltura:
Fino all’ultimo momento Nonna Carmen ha tenuto dentro la sua sofferenza, ha fatto di tutto per essere lasciata in pace e per lasciare il resto del mondo in pace. In questo la sua vita è stata coerente fino agli ultimi giorni: una vita di sacrifici e di prove alle quali tutte le persone comuni sono sottoposte e che lei ha dunque vissuto di conseguenza, carica di una rassegnazione dolce, con il sorriso sulle labbra. Si è occupata dei figli, di nonno Mario, della casa, dei parenti, delle poche ma intense amicizie che ha avuto, senza serie velleità di alcun tipo, senza desiderare la luna o sbandierare al prossimo le sue intime gioie e i suoi altrettanto intimi dolori.
È vero “la libertà è partecipazione”, lo ha detto Gaber e in altri termini lo dicono anche i vangeli, ma credo che né l’uno né gli altri, si riferissero con, “partecipazione”, a quell’intruglio incessante fatto di talk show in cui vince chi parla di più e più forte degli altri, alla musica sparata a tutto volume, o a quella spinta incessante a mostrarsi agli altri nei modi e nelle forme più plateali e scandalizzanti della quale siamo tutti testimoni.
Il corpo di nonna Carmen, al contrario, si era fatto negli ultimi tempi sempre più piccolo e leggero. Eppure, evidentemente, ancora non abbastanza per riuscire a volarsene in cielo silenziosa come una piuma. Ma è capitato, l’altra mattina, poche ore dopo il suo ultimo saluto, che avesse bisogno di un paio di calze, per essere decorosamente vestita per l’ultima volta. Sono corso a comprarne un paio, lunghe, nere, da uomo. Si da il caso, che l’etichetta dell’unico paio che mi era sembrato solido e dignitoso, recitava “calze supersoniche!” e sullo sfondo c’era la fotografia di un caccia bombardiere che sfrecciava tra le nuvole. A quel punto le ho comprate a colpo sicuro, non potendo fare a meno di sorridere dentro di me per come la sua morte fosse riuscita a scardinare totalmente il senso di quello slogan tanto fuori luogo, roboante e machista. E ho immaginato che, forse, le mancava solamente quel paio di calze, “le calze supersoniche”, per volarsene finalmente in cielo, a velocità stratosferiche.
E immagino anche che in questo momento sia già atterrata felicemente, abbia inforcato di nuovo gli occhiali e stia facendo le sue parole crociate. Ma, nell’immancabile fotografia al centro del cruciverba che occupa la prima pagina, non ci sono più divi e starlette varie, ci siamo noi, le persone che le hanno voluto bene. O almeno mi piace pensare che questo sarebbe un bel modo di starle ancora vicini.
Carissimo amico mio. Ho visto ora che avevi aggiornato finalmente il tuo blog, e...scopro che è morta una persona a te carissima. Chiamami.Se vuoi. Credo che il post sarà apprezzato dalla sua animula vagula blandula, semmai dovesse essere ancora nei paraggi.
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